Ricorso della  Regione  Toscana  (partita  IVA  01386030488),  in
persona del presidente pro  tempore  della  giunta  regionale,  dott.
Eugenio Giani, autorizzato con deliberazione della  giunta  regionale
n. 105 del 13 febbraio 2023, rappresentato e difeso, come da  mandato
in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora  (codice  fiscale  n.
BROLCU57M59B157V        pec:         lucia.bora@postacert.toscana.it)
dell'avvocatura regionale, ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo
studio    dell'avv.    Marcello    Cecchetti,     (codice     fiscale
CCCMCL65E02HSO1Q) in Roma, piazza Barberini n.  12  (fax  06.4871847;
pec: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il  Presidente
del Consiglio dei ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557 - nella parte in
cui introduce i commi 5-quater, 5-quinquies,  5-sexies  nell'art.  19
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 - e del comma 558 della  legge
29 dicembre 2022, n. 197, per violazione degli articoli 5,  34,  117,
terzo e sesto comma, 118, primo e secondo  comma,  119  e  120  della
Costituzione. 
    In data 29 dicembre 2022  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 303 - Supplemento ordinario, la  legge  n.  197  del  29
dicembre 2022 recante «Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025». 
    In particolare, l'art. 1, comma 557 inserisce i  commi  5-quater,
5-quinquies  e  5-sexies  dopo  il  comma  5-ter  dell'art.  19   del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito  in  legge  15  luglio
2011, n. 111, inerenti la riorganizzazione della rete scolastica. 
    A) Esso dispone: 
    «All'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il  comma
5-ter sono inseriti i seguenti: 
        "5-quater. Al fine di dare attuazione  alla  riorganizzazione
del sistema scolastico prevista nel  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per
la definizione del contingente organico dei  dirigenti  scolastici  e
dei  direttori  dei  servizi  generali  e  amministrativi  e  la  sua
distribuzione tra le  regioni,  tenendo  conto  del  parametro  della
popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista
dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa
e  resilienza,  nonche'  della   necessita'   di   salvaguardare   le
specificita'  delle  istituzioni  scolastiche  situate   nei   comuni
montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche  caratterizzate
da specificita' linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione
interregionale,  sono  definiti,  su  base  triennale  con  eventuali
aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del
merito, di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,
previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro  il  31
maggio   dell'anno   solare   precedente   all'anno   scolastico   di
riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo  schema  del
decreto e' trasmesso dal Ministero dell'istruzione e del merito  alla
Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla  base  dei
parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono
autonomamente al dimensionamento della rete scolastica  entro  il  30
novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato
dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della  regione  puo'
essere determinato un differimento temporale di durata non  superiore
a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni,
provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici
assegnato. 
        5-quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio  di
cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico  dei
dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi   generali   e
amministrativi e la sua distribuzione tra le  regioni  sono  definiti
con decreto del Ministro dell'istruzione e del  merito,  di  concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare  entro  il
30 giugno,  sulla  base  di  un  coefficiente  indicato  dal  decreto
medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto  conto
dei parametri, su base regionale, relativi  al  numero  degli  alunni
iscritti nelle istituzioni scolastiche  statali  e  dell'organico  di
diritto dell'anno scolastico di riferimento, integrato dal  parametro
della densita' degli abitanti per chilometro quadrato, ferma restando
la necessita' di  salvaguardare  le  specificita'  delle  istituzioni
scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole  e  nelle
aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, nonche'
da un parametro perequativo, determinato in maniera  da  garantire  a
tutte le regioni, nell'anno scolastico 2024/2025, almeno il  medesimo
numero di istituzioni scolastiche calcolato sulla base del  parametro
di cui  al  comma  5  e  comunque  entro  i  limiti  del  contingente
complessivo a livello nazionale  individuato  ai  sensi  del  secondo
periodo. Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle
istituzioni  scolastiche   per   ciascuno   degli   anni   scolastici
considerati si  applica,  per  i  primi  sette  anni  scolastici,  un
correttivo non superiore al 2 per cento  anche  prevedendo  forme  di
compensazione  interregionale.  Gli  uffici   scolastici   regionali,
sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente  dei
dirigenti scolastici assegnato. 
        5-sexies.  In  sede  di  prima   applicazione,   per   l'anno
scolastico 2023/2024, restano ferme  le  disposizioni  dei  commi  5,
5-bis e  5-ter  del  presente  articolo,  con  i  parametri  indicati
all'art. 1, comma 978 della legge 30 dicembre 2020, n.  178,  e,  per
l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al  comma  5-quater  o
quello di cui al comma 5-quinquies del presente articolo definisce un
contingente organico comunque  non  superiore  a  quello  determinato
mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis.  A  decorrere  dall'anno
scolastico 2025/2026, il decreto di cui, al comma 5-quater  o  quello
di  cui  al  comma  5-quinquies  definisce  un  contingente  organico
comunque non superiore a quello determinato sulla  base  dei  criteri
definiti nell'anno scolastico  precedente.  Eventuali  situazioni  di
esubero  trovano  compensazione  nell'ambito  della  definizione  del
contingente". 
    Il successivo comma 558 del medesimo  art.  1  stabilisce  che  i
risparmi conseguiti mediante l'applicazione della disciplina  di  cui
al comma 557 confluiscono, previo accertamento degli  stessi,  in  un
fondo   istituito   nello   stato   di   previsione   del   Ministero
dell'istruzione  e  del  merito  e  possono   essere   destinati   ad
incrementare  il  Fondo  per  il  funzionamento   delle   istituzioni
scolastiche, il fondo unico nazionale per la dirigenza scolastica, il
fondo integrativo di istituto, il fondo di cui all'art. 1, comma  202
della legge 13 luglio  2015,  n.  107,  nonche'  al  pagamento  delle
supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico. 
    A.1) In sintesi, in base alla normativa dettata  dalle  impugnate
disposizioni, la nuova procedura prevede che, a  decorrere  dal  2023
(nel procedimento relativo all'anno scolastico 2024/2025),  entro  il
15 aprile il  Ministero  dell'istruzione  e  del  merito  invii  alla
Conferenza unificata lo schema  di  decreto  che  determina  su  base
triennale  (con  possibili  modifiche  annuali)  i  criteri  per   la
definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici  e  dei
direttori  dei  servizi  generali   e   amministrativi   e   la   sua
distribuzione tra le regioni. 
    Questi  criteri  devono  tenere  conto  della  consistenza  della
popolazione scolastica della singola regione e  della  necessita'  di
salvaguardare le specificita' delle istituzioni presenti  nei  comuni
montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche  caratterizzate
da specificita' linguistiche. 
    Lo schema di decreto e' inoltrato alla Conferenza  unificata  per
l'accordo con la medesima e la successiva adozione  del  decreto,  da
parte del Ministero dell'istruzione e del merito di concerto  con  il
Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 maggio dell'anno
solare precedente all'anno scolastico di riferimento. 
    Decorso inutilmente il  termine  del  31  maggio  il  contingente
organico  dei  dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi
generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni  sono
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e  del  merito,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,  da  adottare
entro il 30 giugno, sulla base di criteri puntualmente stabiliti  nel
comma 5-quinquies. 
    Ad esito di tale decreto le regioni provvedono al dimensionamento
della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno  (il  termine
puo'  essere  differito  fino  a  trenta  giorni,  con  deliberazione
motivata della regione). 
    Gli Uffici scolastici regionali (articolazioni  territoriali  del
Ministero  dell'istruzione  e  del  merito),  sentite   le   regioni,
provvedono a ripartire il contingente dei dirigenti scolastici. 
    A.2)  La  normativa  vigente  prima  della  modifica   introdotta
dall'impugnata disposizione, contenuta  nell'art.  19,  comma  5  del
decreto-legge n.  98/2011  (legge  n.  111/2011)  -  come  modificato
dall'art. 4, comma 69 della legge  n.  183/2011  e,  successivamente,
dall'art. 12, comma 1,  lettera  a)  del  decreto-legge  n.  104/2013
(legge n. 128/2013) - prevedeva che, negli anni scolastici  2012/2013
e 2013/2014, alle istituzioni scolastiche autonome costituite con  un
numero di alunni inferiore a 600 unita', ridotto fino a  400  per  le
istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle  aree
geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non potevano
essere  assegnati  dirigenti  scolastici   con   incarico   a   tempo
indeterminato e le stesse erano conferite  in  reggenza  a  dirigenti
scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome. 
    Il comma 5-bis dello stesso art. 19  -  introdotto  dall'art.  4,
comma 70 della legge n. 183/2011 e modificato dall'art. 12, comma  1,
lettera b) del decreto-legge n. 104/2013 (legge  n.  128/2013)  -  ha
disposto che, negli stessi anni scolastici, alle medesime istituzioni
scolastiche autonome di cui al comma 5 non poteva essere assegnato in
via  esclusiva  un  posto  di  direttore  dei  servizi  generali   ed
amministrativi (DSGA) e che, dunque, il posto era assegnato in comune
con altre istituzioni scolastiche. 
    Il comma 5-ter dello stesso art. 19 -  introdotto  dall'art.  12,
comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 104/2013 (legge n. 128/2013)
-  ha  disposto,  per  quanto  qui  interessa,  che  i  criteri   per
l'individuazione delle istituzioni scolastiche alle quali puo' essere
assegnato un dirigente scolastico e un DSGA  devono  essere  definiti
con decreto del Ministro  (ora)  dell'istruzione  e  del  merito,  di
concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  previo
accordo da raggiungere in  sede  di  Conferenza  unificata.  Fino  al
termine dell'anno scolastico nel corso del quale tale  accordo  sara'
adottato, continua ad applicarsi la disciplina di  cui  all'art.  19,
commi 5 e 5-bis dello  stesso  decreto-legge  n.  98/2011  (legge  n.
111/2011). 
    Successivamente, l'art. 1, comma  978  della  legge  n.  178/2020
(come poi modificato  dalla  legge  30  dicembre  2021,  n.  234)  ha
disposto  che,  per  gli  anni  scolastici  2021/2022   2022/2023   e
2023/2024,  il  numero  minimo  di  alunni  necessario  perche'  alle
istituzioni scolastiche autonome possano essere  assegnati  dirigenti
scolastici con incarico a tempo indeterminato e' ridotto (da  600)  a
500 unita', ovvero (da fino a  400)  a  fino  a  300  unita'  per  le
istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle  aree
geografiche  caratterizzate   da   specificita'   linguistiche.   Ha,
altresi',  confermato  che  le  istituzioni   scolastiche   che   non
raggiungono il numero minimo di alunni  indicato  sono  conferite  in
reggenza a dirigenti scolastici con  incarico  su  altre  istituzioni
scolastiche autonome e che alle stesse non puo' essere  assegnato  in
via esclusiva un posto di DSGA. Quest'ultimo e' assegnato  in  comune
con altre istituzioni scolastiche con decreto del direttore  generale
o  del  dirigente  non  generale  titolare  dell'ufficio   scolastico
regionale competente. 
    Tanto premesso, le impugnate disposizioni  sono  incostituzionali
per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  557  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma
5-quater nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98,  per
violazione degli articoli 34, 117, terzo comma e 118, primo e secondo
comma della Costituzione. 
    1.a) L'introdotto comma 5-quater in esame individua  direttamente
i  parametri  correttivi,  rispetto  a   quello   della   popolazione
scolastica, per la determinazione e ripartizione del contingente  dei
dirigenti scolastici, senza possibilita' di introduzione di ulteriori
parametri sulla base delle scelte delle regioni. 
    Si prevede infatti che si debba tener conto della  necessita'  di
salvaguardare le specificita' delle istituzioni  scolastiche  situate
nei comuni montani, nelle piccole  isole  e  nelle  aree  geografiche
caratterizzate  da  specificita'  linguistiche,  non  prevedendo   la
possibilita' per le regioni di integrare o sostituire tali  parametri
con criteri necessari per rispondere alle specificita' regionali  (ad
esempio, quello delle aree interne, delle aree urbane o del  contesto
socioeconomico svantaggiato). 
    Tale  mancata  previsione  va  a  danno  delle  comunita'  locali
insediate in aree ingiustificatamente non  inserite  nella  norma  ed
esautora le Regioni dalle determinazioni relative al  dimensionamento
scolastico  interno  al  territorio  di  competenza,  attraverso   la
previsione   che   gli   uffici   scolastici   regionali   provvedano
direttamente  alla  ripartizione  del  contingente,  che  incide  sul
dimensionamento scolastico, solo «sentendo» le regioni medesime. 
    Questo determina una  sicura  incidenza  negativa  sull'effettiva
garanzia del diritto all'istruzione, perche' le regioni, in  raccordo
con gli enti  locali,  conoscono  le  specificita'  territoriali  che
necessitano della presenza di istituti scolastici. 
    1.b) La norma incide in un ambito materiale - l'istruzione  -  di
competenza concorrente. 
    Gli  articoli  137  e  138,  comma  1,  lettera  b)  del  decreto
legislativo   n.   112/1998   hanno,   rispettivamente,    confermato
l'attribuzione allo Stato delle funzioni concernenti i  criteri  e  i
parametri per l'organizzazione della rete scolastica,  previo  parere
della Conferenza unificata,  e  delegato  alle  regioni  le  funzioni
amministrative relative  alla  programmazione  della  medesima  rete,
sulla base dei piani provinciali. 
    Subito dopo,  il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
233/1998,  recante  norme  per  il  dimensionamento  ottimale   delle
istituzioni scolastiche, ha disposto,  all'art.  2,  che  l'autonomia
amministrativa,  organizzativa,  didattica,  nonche'  di  ricerca   e
progettazione educativa, e' riconosciuta alle istituzioni scolastiche
che  raggiungono  le  dimensioni  idonee  a  garantire   l'equilibrio
ottimale fra domanda  di  istruzione  e  organizzazione  dell'offerta
formativa,  prevedendo,  a  tal  fine,  la  definizione   dei   piani
provinciali di dimensionamento. 
    Con  la  riforma  del  titolo  V  della  Costituzione,  e'  stata
riconosciuta allo Stato la competenza esclusiva sulla  determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali  che  devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale e sulle norme generali sull'istruzione, ai sensi  dell'art.
117, lettere m) e n) della Costituzione, mentre alle regioni e' stata
attribuita  la  potesta'  legislativa  concorrente  in   materia   di
istruzione. 
    La giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito  che  il
dimensionamento scolastico e la programmazione della rete  scolastica
non possono ricondursi alle norme generali sull'istruzione  e  vanno,
invece,   ricompresi   nella    competenza    concorrente    relativa
all'istruzione (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010, n. 92  del
2011). 
    In particolare, la sentenza n. 200 del 2009, dopo aver  affermato
che il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche e' un
ambito che deve ritenersi di spettanza regionale, rileva: 
    «Sul punto, infatti, questa Corte ha avuto modo di rilevare  che,
da un lato, l'art.  138,  comma  1,  lettere  a)  e  b)  del  decreto
legislativo n. 112 del 1998 aveva gia'  delegato  alle  regioni,  nei
limiti  sopra  esposti,  funzioni  amministrative  in  materia,   tra
l'altro,  di  programmazione  dell'offerta  formativa  integrata  tra
istruzione e  formazione  professionale,  nonche'  di  programmazione
della  rete  scolastica;  dall'altro,  l'art.  3  del   decreto   del
Presidente della Repubblica  18  giugno  1998,  n.  233  (Regolamento
recante norme  per  il  dimensionamento  ottimale  delle  istituzioni
scolastiche e per la determinazione  degli  organici  funzionali  dei
singoli istituti, a norma dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997,  n.
59) aveva disposto che "i piani di dimensionamento delle  istituzioni
scolastiche  (..)  sono  definiti  in   conferenze   provinciali   di
organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di
programmazione e dei criteri generali,  riferiti  anche  agli  ambiti
territoriali, preventivamente adottati dalle regioni" (sentenza n. 34
del 2005). 
    Avendo riguardo alle riportate disposizioni legislative, la Corte
ha cosi' ritenuto, con la citata sentenza, che "proprio alla luce del
fatto che gia' la normativa antecedente alla  riforma  del  titolo  V
prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle
istituzioni scolastiche,  e  quindi  postulava  la  competenza  sulla
programmazione scolastica di cui all'art. 138 del decreto legislativo
n. 112 del 1998, e' da escludersi che il  legislatore  costituzionale
del 2001 abbia voluto spogliare le regioni di una  funzione  che  era
gia' ad  esse  conferita"  sia  pure  soltanto  sul  piano  meramente
amministrativo. 
    In altri termini, la definizione  del  riparto  delle  competenze
amministrative attuato con il citato decreto legislativo fornisce  un
tendenziale   criterio   utilizzabile   per   la   individuazione   e
interpretazione degli ambiti materiali che la riforma del titolo V ha
attribuito alla potesta' legislativa concorrente  o  residuale  delle
regioni. 
    Ed in effetti, se si ha riguardo all'obiettivo  perseguito  dalla
disposizione in esame, si deve constatare che la  preordinazione  dei
criteri volti alla attuazione di tale dimensionamento ha una  diretta
ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate  alle  varie
realta' territoriali ed alle connesse  esigenze  socio-economiche  di
ciascun territorio, che ben possono e  devono  essere  apprezzate  in
sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo
aspetti  che  ridondino  sulla  qualita'  dell'offerta  formativa  e,
dunque, sulla didattica». 
    Tali stessi  principi  sono  stati  confermati  nella  successiva
sentenza n. 147 del 2012, in riferimento all'art. 19,  comma  4,  del
decreto-legge n. 98/2011 (legge n. 111/2011). 
    In particolare, la  Corte  costituzionale  ha  rilevato  che  "e'
indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla  rete
scolastica e sul dimensionamento degli istituti" ... Il carattere  di
intervento di dettaglio nel  dimensionamento  della  rete  scolastica
emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4,
relativa alla soglia minima di alunni che  gli  istituti  comprensivi
devono raggiungere per ottenere l'autonomia: in  tal  modo  lo  Stato
stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le regioni
da qualsiasi possibilita' di decisione, imponendo  un  dato  numerico
preciso sul quale le regioni non possono in alcun modo interloquire». 
    Inoltre, la Corte ha evidenziato che  «E'  indubbio  che  competa
allo Stato la definizione dei  requisiti  che  connotano  l'autonomia
scolastica, ma  questi  riguardano  il  grado  della  loro  autonomia
rispetto  alle  amministrazioni,  statale  e  regionale,  nonche'  le
modalita' che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e  la
rete scolastica, riservato alle regioni nell'ambito della  competenza
concorrente». 
    1.c)  L'introdotto  comma  5-quater  in  esame  che,  come  sopra
rilevato, individua direttamente i parametri correttivi,  rispetto  a
quello  della  popolazione  scolastica,  per  la   determinazione   e
ripartizione del  contingente  dei  dirigenti  scolastici,  viola  il
principio affermato nella richiamata sentenza costituzionale  n.  200
del 2009  secondo  il  quale  la  preordinazione  dei  criteri  volti
all'attuazione del  dimensionamento  scolastico  ha  una  diretta  ed
immediata incidenza su  situazioni  strettamente  legate  alle  varie
realta' territoriali ed alle connesse  esigenze  socio-economiche  di
ciascun territorio, che devono essere apprezzate in sede regionale. 
    Inoltre,  poiche'  la  disposizione  attiene  ad  un  ambito   di
competenza concorrente, allo Stato spetta solo la determinazione  dei
principi fondamentali, mentre la norma in esame  non  ne  costituisce
espressione, trattandosi di un intervento di dettaglio  che,  tramite
la   ripartizione   del   contingente    scolastico,    incide    nel
dimensionamento della rete scolastica e non prevede,  tra  i  criteri
correttivi indicati, anche quello della necessita'  di  tenere  conto
delle peculiarita' delle aree indicate dalle regioni. 
    Sussiste pertanto la violazione dell'art. 117, terzo comma  della
Costituzione, in  relazione  alla  potesta'  legislativa  concorrente
regionale in materia di «istruzione». 
    1.d) L'omissione,  tra  i  criteri  per  l'adozione  del  decreto
ministeriale di definizione e riparto del  contingente  organico  dei
dirigenti  scolastici  e  dei  direttori  dei  servizi   generali   e
amministrativi, della necessita' di tenere conto  delle  peculiarita'
territoriali indicate dalle regioni, determina  anche  la  violazione
dell'art. 34 della Costituzione, sotto il profilo della garanzia  del
diritto all'istruzione. 
    Come gia' rilevato, sono infatti le regioni, in accordo  con  gli
enti locali, che possono valutare le  specificita'  territoriali,  la
cui  conoscenza  consente  un'efficace  programmazione   della   rete
scolastica idonea a rispondere ai  bisogni  delle  comunita'  locali.
Ignorare questo profilo, come  avviene  nell'impugnata  disposizione,
significa  non  garantire  un'istruzione  effettiva,  inclusiva,   di
qualita', adeguata alle esigenze ed  al  contesto  in  cui  vivono  i
bambini, i giovani e gli adulti, in  violazione  dell'art.  34  della
Costituzione. 
    Tale censura e' ammissibile  in  quanto,  secondo  l'insegnamento
della giurisprudenza costituzionale, e' possibile,  per  la  regione,
invocare nel giudizio in  via  principale  un  parametro  diverso  da
quelli che regolano il riparto di competenza se la violazione di tale
parametro ridondi in lesioni delle sfere di competenza regionale. 
    Questa evenienza, in particolare, si verifica ove  «il  contrasto
con norme costituzionali  diverse»  da  quelle  che  disciplinano  il
riparto di competenze «si risolva in una esclusione o limitazione dei
poteri regionali» (sentenza n. 50 del 2005, par. 3 del Considerato in
diritto). In altre parole,  perche'  la  relativa  questione  sia  da
considerare  ammissibile,  «dalla  invocata  violazione»   di   norme
extracompetenziali deve «derivare una compressione dei  poteri  della
ricorrente»  (cosi'  la  sentenza  n.  383  del  2005,  par.  8   del
Considerato in diritto). 
    Cio' e' precisamente quanto si verifica in merito  alla  rilevata
violazione  dell'art.  34  della  Costituzione,   che,   come   sopra
evidenziato, si traduce direttamente nella «compressione  dei  poteri
della ricorrente» (cent. n. 383  del  2005),  perche'  la  contestata
previsione  del  comma  5-quater,   prevedendo   la   necessita'   di
salvaguardare le specificita' delle istituzioni  scolastiche  situate
nei comuni montani, nelle piccole  isole  e  nelle  aree  geografiche
caratterizzate  da  specificita'  linguistiche,   non   permette   di
salvaguardare  altre  specificita'  emergenti  nel  territorio  della
regione. 
    1.e) La disposizione introdotta dal comma 5-quater  in  esame  e'
incostituzionale anche perche' viola  l'art.  118,  primo  e  secondo
comma,  in  quanto  viene  allocata  in  capo  allo  Stato   (Ufficio
scolastico regionale) la funzione  di  ripartizione  del  contingente
scolastico, che incide sul dimensionamento scolastico, in assenza  di
esigenze di carattere unitario e in assenza di un procedimento basato
sulla leale collaborazione che garantisca l'effettiva  partecipazione
della regione, la  quale  viene  invece  solo  «sentita»,  in  deciso
contrasto con lo statuto giuridico della chiamata in  sussidiarieta',
come  elaborato  dalla  giurisprudenza  costituzionale  (da   ultimo,
sentenza n. 6 del 2023). 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  557  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma
5-quinquies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  per
violazione degli articoli 5, 117 terzo comma,  118  primo  e  secondo
comma, e 120 della Costituzione. 
    2.a) Il comma 5-quinquies prevede che, se l'accordo in Conferenza
unificata  per  la  definizione  del  contingente   e   la   relativa
distribuzione tra le regioni non sia raggiunto entro il  termine  del
31 maggio, scatta il potere  sostitutivo  dello  Stato,  che  procede
unilateralmente  alla  determinazione  del  contingente  e  alla  sua
distribuzione in base a  criteri  specifici  e  dettagliati  elencati
nella medesima disposizione. 
    E'  previsto  un  termine  estremamente  breve  per   raggiungere
l'accordo  (di  quarantacinque  giorni,  dal  15  aprile,   data   di
trasmissione dello schema del decreto, al 31  maggio,  data  dopo  la
quale scatta il potere sostitutivo), decorso il quale le Regioni  non
hanno piu'  possibilita'  di  intervenire  e  sono  esautorate  dalle
determinazioni  relative  al  dimensionamento  scolastico  nel   loro
territorio,  attraverso  la  previsione  che  gli  uffici  scolastici
regionali vi provvedano  direttamente,  solo  «sentendo»  le  regioni
stesse. 
    La precedente normativa sopra richiamata garantiva la  competenza
regionale  ad  approvare  il  dimensionamento  scolastico:  lo  Stato
determinava  il  contingente  dei  dirigenti  nell'ambito  delle  sue
attribuzioni,  in  accordo  con  la  Conferenza  unificata;  fino  al
raggiungimento di questo accordo continuava ad applicarsi  la  regola
stabilita dall'art. 19, commi 5 e 5-bis del decreto-legge n.  98/2011
(si fa presente che la procedura per il  raggiungimento  dell'accordo
non e' stata avviata dall'amministrazione statale). 
    Cio' determinava che, se l'istituto aveva la consistenza  di  600
alunni (ridotta a 400 per le istituzioni site  nelle  piccole  isole,
nei  comuni  montani,  nelle  aree  geografiche   caratterizzate   da
specificita'  linguistiche)  aveva  diritto  ad  avere  un  dirigente
scolastico e, in caso di carenza, un reggente. Pertanto con la figura
del  reggente  era  assicurata   l'operativita'   delle   istituzioni
autonome, come configurate nel dimensionamento  approvato  a  livello
regionale. 
    Con la  disposizione  impugnata,  invece,  se  non  si  raggiunge
l'accordo  in  Conferenza  sui  criteri  per   la   definizione   del
contingente organico dei dirigenti scolastici  e  dei  direttori  dei
servizi generali ed amministrativi e la relativa distribuzione tra le
regioni,  provvede  direttamente  lo  Stato  ai   sensi   del   comma
5-quinquies in esame. Se tale contingente sara' inferiore  al  numero
delle istituzioni autonome  previste  nel  piano  di  dimensionamento
regionale (come e' certo che avverra', stante la previsione contenuta
nel medesimo comma 5-quinquies che richiama la riduzione  del  numero
delle   istituzioni   scolastiche,   con   i   conseguenti   risparmi
espressamente menzionati nel successivo comma 558 del medesimo art. 1
della legge n.  197/2022)  diventera'  obbligatorio  per  le  regioni
procedere agli accorpamenti degli istituti per rapportarli al  numero
dei dirigenti assegnati alla regione, dato che non e'  piu'  prevista
la possibilita' di nominare il reggente. 
    In questa maniera, attraverso la definizione del contingente  dei
dirigenti scolastici e dei  DGSA,  per  cui  e'  previsto  un  potere
sostitutivo ministeriale, si incide sul dimensionamento scolastico. 
    Se e' indubbio che lo Stato e' titolare della competenza ai sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  g)  della  Costituzione,  a
determinare  la  consistenza  dei  dirigenti  scolastici,  che   sono
dipendenti  pubblici  statali,  e'  altrettanto   indubbio   che   la
soppressione dei posti di dirigenti, senza stabilire un diverso  modo
di copertura dei posti medesimi privi di dirigente (come e'  avvenuto
invece sinora con la figura del reggente), va  ad  incidere  in  modo
significativo  sulla  condizione  della  rete  scolastica  regionale.
Infatti, non potendo esistere un istituto autonomo privo di dirigente
e non essendo piu' possibile coprire quel posto con  un  reggente  in
carenza  di  dirigenti  scolastici,  diviene  inevitabile   eliminare
quell'istituto autonomo ed accorparlo con altri, con incidenza  sulle
attribuzioni delle Regioni relative alla  programmazione  della  rete
scolastica ed al  dimensionamento  scolastico,  in  violazione  delle
competenze regionali in materia di istruzione ai sensi dell'art. 117,
terzo comma della Costituzione. 
    2.b) Inoltre, incidendo l'impugnata disposizione in un ambito  di
competenza concorrente, allo Stato spetta solo la determinazione  dei
principi  fondamentali,  mentre  la  norma  in  esame   non   ne   e'
espressione. 
    In particolare, il  carattere  di  intervento  di  dettaglio  nel
dimensionamento della rete scolastica emerge nel comma 5-quinquies in
esame il quale, nel prevedere, in mancanza di accordo  in  Conferenza
unificata entro il 31 maggio, la determinazione unilaterale da  parte
dello Stato  del  contingente  dei  dirigenti  scolastici  e  la  sua
distribuzione tra  le  regioni,  stabilisce,  a  tale  fine,  criteri
specifici,  dettagliati,  autoapplicativi  che  non  lasciano  alcuno
spazio alla possibilita'  per  le  regioni  di  programmare  la  rete
scolastica e il relativo dimensionamento, dovendo esse solo  adeguare
la rete medesima per «farla tornare» con il contingente dei dirigenti
stabiliti dallo Stato in via unilaterale. 
    Cio' determina un'ulteriore violazione dell'art. 117, terzo comma
della Costituzione. 
    2.c) L'illegittimita' costituzionale  del  comma  5-quinquies  si
manifesta inoltre considerando  il  potere  ministeriale  sostitutivo
previsto in caso di mancato raggiungimento dell'accordo in Conferenza
unificata entro il termine del  31  maggio.  Come  gia'  rilevato,  i
termini per  raggiungere  detto  accordo  sono  estremamente  ridotti
(quarantacinque giorni)  e  quindi  si  prevede  la  regolamentazione
unilaterale dello Stato in  base  a  criteri  specifici,  dettagliati
stabiliti dal comma medesimo. 
    Questo contrasta con i principi  elaborati  dalla  giurisprudenza
costituzionale in relazione alla leale collaborazione e  al  corretto
esercizio del potere sostitutivo, ai sensi degli articoli 5, 117, 118
e 120 della Costituzione 
    Infatti per le considerazioni sopra espresse al  punto  2.a),  e'
certo che nel caso in esame la competenza  statale  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera g) della Costituzione,  si  interseca  in
modo rilevante con la competenza concorrente  regionale  prevista  in
materia di istruzione  dal  medesimo  art.  117,  terzo  comma  della
Costituzione, tanto da determinare  la  conseguenza  che  le  regioni
debbano  rivedere  i  piani  di  dimensionamento  delle   istituzioni
scolastiche e la programmazione della rete  scolastica,  in  base  al
numero dei dirigenti scolastici assegnati,  secondo  quanto  previsto
nelle norme impugnate per  cui:  «Gli  uffici  scolastici  regionali,
sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente  dei
dirigenti scolastici assegnato». 
    Nei casi in cui una disciplina normativa non sia riconducibile ad
un'unica materia, determinandosi invece, come nel caso in  esame,  un
intreccio ed  una  sovrapposizione  tra  diverse  materie  e  diversi
livelli di competenza, il principio-cardine su cui ha fatto  leva  la
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  per  risolvere   questi
frequenti casi  di  intersezione  e  sovrapposizione  tra  competenze
statali  e  competenze  regionali  e'  stato   quello   della   leale
collaborazione, «che per la sua elasticita' consente di aver riguardo
alle peculiarita' delle singole  situazioni»  ed  impone  alla  legge
statale di predisporre adeguati  strumenti  di  coinvolgimento  delle
regioni, a salvaguardia delle loro competenze (sentenza  n.  50/2005;
nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 44/2014, n. 234/2012, n.
187/2012, n. 88/2009,  n.  50/2008,  n.  213/2006,  n.  133/2006,  n.
231/2005, n. 219/2005). 
    E il parametro della leale collaborazione trova attuazione  anche
attraverso il sistema  delle  Conferenze  Stato-regioni  e  autonomie
locali, all'interno del quale «si sviluppa il  confronto  tra  i  due
grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al  quale  si
individuano soluzioni concordate  di  questioni  controverse  locali»
(sentenza n. 31/2006; nello stesso  senso,  ex  multis,  sentenza  n.
114/2009). 
    La leale collaborazione si persegue con lo strumento  dell'intesa
con la  regione  o  in  Conferenza  unificata  e,  quando  questa  e'
prevista, il  legislatore  deve  disciplinare  idonee  procedure  per
consentire reiterate trattative volte a  superare  le  divergenze  ed
eventuali  mancati  accordi,  per  non   vanificare   la   necessaria
bilateralita' della relativa procedura (cent. n. 114 del 2017, n. 117
del 2013, n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 33 del 2011, n. 121 del
2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). 
    In particolare, nella sentenza n. 39  del  2013  viene  ricordato
come, nei casi in cui sia prescritto un accordo tra Stato  e  sistema
delle  autonomie  regionali,  il  suo  mancato   raggiungimento   non
legittima, di per se', l'assunzione unilaterale di un  provvedimento:
in tali casi si tratta infatti di «atti a  struttura  necessariamente
bilaterale», non sostituibili da una determinazione  del  solo  Stato
(sentenza n. 383 del 2005). 
    A  tal  fine  devono  dunque   essere   previste   procedure   di
reiterazione delle  trattative;  in  sostanza,  quindi,  l'assunzione
unilaterale dell'atto non puo' essere prevista come «mera conseguenza
automatica del mancato raggiungimento  dell'intesa»,  con  sacrificio
della sfera di competenza costituzionalmente attribuita alla  regione
e violazione, per l'effetto, del principio  di  leale  collaborazione
(sentenza n. 179 del 2012). 
    Ancora, nella sentenza n. 165/2011, e'  affermato:  «Nella  norma
censurata e' previsto un potere sostitutivo del Governo  in  caso  di
mancato  raggiungimento  dell'intesa,  esercitabile  "decorsi  trenta
giorni dalla convocazione del primo incontro  tra  il  Governo  e  la
regione o  la  provincia  autonoma  interessata"  ...  La  previsione
dell'intesa, imposta dal principio di leale  collaborazione,  implica
che non sia legittima una norma contenente una "drastica  previsione"
della decisivita' della volonta'  di  una  sola  parte,  in  caso  di
dissenso, ma che siano necessarie "idonee  procedure  per  consentire
reiterate trattative volte a superare le  divergenze"  (ex  plurimis,
sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007,  n.  339  del  2005).  Solo
nell'ipotesi di ulteriore esito negativo  di  tali  procedure  mirate
all'accordo, puo' essere rimessa al Governo una decisione unilaterale
(sentenza n. 33 del 2011). La norma impugnata configura una di quelle
drastiche previsioni di superamento unilaterale dell'intesa da  parte
dello Stato, ritenute  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  come
inidonee  ad  assicurare  il  rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione». 
    I suddetti principi sono totalmente disattesi nel caso  in  esame
disciplinato dal comma 5-quinquies introdotto dall'art. 1, comma 557,
legge n. 197 del 2022. 
    Non e' prevista infatti  alcuna  articolazione  procedurale,  che
possa consentire un superamento concordato del dissenso. L'intervento
unilaterale  dello  Stato  non  si  presenta  quindi  come  l'ipotesi
estrema,  che  si  verifica  allorche'  l'esperimento  di   ulteriori
procedure bilaterali si sia rivelato inefficace, ma e' previsto  come
conseguenza automatica del mancato  raggiungimento  dell'accordo,  in
relazione al quale, peraltro, e' fissato un termine  molto  ristretto
ed incerto per l'effettivo svolgimento  delle  attivita'  rivolte  al
fine  dell'accordo  medesimo  (appena  quarantacinque  giorni   dalla
trasmissione dello schema del decreto). 
    Invece, stante la rilevata intersezione e sovrapposizione tra  le
competenze statali e regionali, non e' ammissibile nella  fattispecie
in  esame  un  secco  intervento  sostitutivo  statale  e  non   puo'
prescindersi da un coinvolgimento effettivo e realmente collaborativo
delle regioni, tramite la Conferenza unificata, con insufficienza del
mero parere previsto dalle norme  impugnate  acquisito  dagli  uffici
scolastici  regionali  alla  fine  del  procedimento,  quando   viene
ripartito il contingente dei dirigenti scolastici assegnato. 
    2.d) Anche nel caso  in  esame,  come  per  il  precedente  comma
5-quater, risulta violato l'art.  118,  primo  e  secondo  comma,  in
quanto  viene  allocata  in  capo  allo  Stato  (Ufficio   scolastico
regionale) la funzione di ripartizione  del  contingente  scolastico,
che incide sul dimensionamento scolastico, in assenza di esigenze  di
carattere unitario e in assenza di un procedimento basato sulla leale
collaborazione  che  garantisca  l'effettiva   partecipazione   della
Regione, la quale viene invece solo «sentita»,  in  deciso  contrasto
con lo statuto  giuridico  della  chiamata  in  sussidiarieta',  come
elaborato dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Per tutti questi motivi sussiste la violazione degli articoli  5,
117,  terzo  comma,  118,  primo  e  secondo  comma   e   120   della
Costituzione. 
    3) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  557  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce il comma
5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98,  per
violazione degli articoli 34 e 117, terzo comma della Costituzione. 
    La lesione delle competenze regionali in  materia  di  istruzione
trova conferma nel comma 5-sexies,  il  quale  prevede,  senza  alcun
coinvolgimento regionale nel relativo procedimento, la determinazione
in progressiva riduzione degli organici  scolastici.  Riduzione  che,
come  evidenziato  ai  precedenti  punti,   determina   l'inevitabile
necessita' per le regioni di rivedere la propria programmazione della
rete scolastica e il dimensionamento degli istituti,  in  assenza  di
dirigenti e in assenza di una  diversa  modalita'  di  copertura  dei
posti. 
    Pertanto  risulta  violato  l'art.   117,   terzo   comma   della
Costituzione. 
    Ma e' violato anche l'art. 34  della  Costituzione,  con  lesione
indiretta delle attribuzioni regionali. 
    Infatti la riduzione in esame  e'  finalizzata  a  determinare  a
regime, senza alcuna limitazione  temporale,  una  contrazione  della
rete scolastica, prescindendo del tutto dalle esigenze sostanziali di
servizio cui la stessa e' destinata, ed in particolare dall'andamento
della popolazione scolastica. Cio' determina una  compromissione  del
diritto all'istruzione ove la citata riduzione  renda  inadeguata  la
rete rispetto alle esigenze dell'utenza nel caso  di  crescita  della
popolazione scolastica. 
    4) Ulteriore illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557
della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce  i
commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 19 del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98, per violazione degli articoli 117, terzo  comma
e 119 della Costituzione. 
    Neppure   puo'   invocarsi,   a   sostegno   della   legittimita'
dell'intervento  legislativo  statale   in   esame,   la   competenza
concorrente in materia di coordinamento della  finanza  pubblica,  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma e dell'art. 119 della  Costituzione,
in funzione dell'obiettivo di  riduzione  della  spesa  corrente  del
personale scolastico. 
    Come chiarito dalla Corte  costituzionale,  «pur  perseguendo  la
disposizione in esame evidenti finalita' di contenimento della  spesa
pubblica, resta pur sempre il fatto che anche  tale  titolo  consente
allo Stato soltanto di dettare principi  fondamentali,  e  non  anche
norme di dettaglio; e, secondo la 
    giurisprudenza di questa Corte, "norme statali che fissano limiti
alla spesa delle regioni e degli  enti  locali  possono  qualificarsi
principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica  alla
seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a  porre
obiettivi di riequilibrio della medesima,  intesi  nel  senso  di  un
transitorio contenimento complessivo, anche se  non  generale,  della
spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento  dei  suddetti  obiettivi"
(sentenza n. 326 del 2010)» (cosi' sentenza n. 147/2012). 
    Sulla base delle considerazioni esposte ai precedenti  motivi  di
ricorso, va rilevato che la disposizione in esame non  risponde  alle
suddette  condizioni   necessarie   per   costituire   un   principio
fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica,  con
conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma e  119,  comma
della Costituzione. 
    5) Ulteriore illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
557, della legge 29  dicembre  2022,  n.  197,  nella  parte  in  cui
introduce i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art.  19  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  per  violazione  degli  articoli
117, terzo comma e 118 della Costituzione. 
    Il riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)
e' la chiave  adottata  dallo  Stato  per  superare  i  limiti  della
competenza  regionale  in  materia  di  dimensionamento  della   rete
scolastica; in una delle riunioni politiche svoltesi tra lo  Stato  e
le regioni l'amministrazione statale  ha  rilevato  che  il  rispetto
degli accordi internazionali consentirebbe di superare quegli aspetti
controversi di questa norma relativi alle prerogative  costituzionali
della regione in materia di dimensionamento della rete scolastica. 
    La missione  4  componente  1  («Potenziamento  dell'offerta  dei
servizi di istruzione: dagli asili nido alle universita'») del  Piano
nazionale di ripresa e resilienza prevede all'interno  della  riforma
1.3 («Riforma dell'organizzazione del  sistema  scolastico»),  quanto
segue: 
    «La riforma consente di ripensare all'organizzazione del  sistema
scolastico con  l'obiettivo  di  fornire  soluzioni  concrete  a  due
tematiche in particolare: la riduzione del numero  degli  alunni  per
classe e il dimensionamento della rete scolastica. In tale ottica  si
pone il superamento dell'identita' tra  classe  demografica  e  aula,
anche al fine di rivedere il modello di scuola. Cio', consentira'  di
affrontare situazioni complesse sotto numerosi profili, ad esempio le
problematiche scolastiche nelle aree di montagna, nelle aree  interne
e nelle scuole di vallata». 
    L'allegato alla «Decisione di esecuzione» con  cui  il  Consiglio
dell'Unione europea il 13 luglio 2021 ha definitivamente approvato il
PNRR dell'Italia, chiarisce poi, con riferimento  alla  riforma  1.3,
che e' necessario prevedere una «revisione delle norme relative  alle
dimensioni degli edifici scolastici» specificando quanto segue: 
        «Come "parametro efficace" per individuare i plessi accorpati
ad altri istituti dovra' essere adottata  la  popolazione  scolastica
regionale, anziche' la popolazione del singolo istituto come previsto
dalla legislazione vigente». Niente viene indicato nel PNRR in merito
alla necessita' di ridurre il numero delle  scuole  e  dei  dirigenti
scolastici.  ne'  l'esigenza  di  una  riorganizzazione  della   rete
scolastica postula necessariamente una  riduzione  del  numero  delle
autonomie scolastiche. 
    Appare evidente  che  la  norma  non  intende  andare  nel  senso
auspicato dal PNRR ma e' volta unicamente a procurare risparmi. 
    5.a) In ogni caso il richiamo al PNRR e  al  correlato  interesse
nazionale non legittima le norme contestate. 
    Non e', infatti, ammissibile invocare un  paradigma  che  non  fa
piu' parte del nostro diritto costituzionale  ormai  da  piu'  di  un
ventennio, come scolpito nella sentenza n. 303 del 2003 al punto  2.2
del Considerato  in  diritto  ove  si  legge:  «Nel  nuovo  titolo  V
l'equazione elementare interesse nazionale = competenza statale,  che
nella  prassi  legislativa  previgente  sorreggeva  l'erosione  delle
funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative  delle
regioni,  e'  divenuta  priva  di  ogni  valore  deontico,   giacche'
l'interesse  nazionale  non  costituisce  piu'  un  limite,  ne'   di
legittimita', ne' di merito, alla competenza legislativa regionale». 
    Peraltro, va sottolineato che le impugnate disposizioni non hanno
affatto  ad  oggetto  interventi  finanziati  attraverso  il  PNRR  e
quest'ultimo, come rilevato, nulla dispone in merito alla  necessita'
di  ridurre  il  numero  delle  scuole,   ne'   l'esigenza   di   una
riorganizzazione della rete scolastica  postula  necessariamente  una
riduzione del numero delle autonomie scolastiche. 
    5.b) In ogni caso, per invocare la strategicita' delle  azioni  e
la correlata necessita' dell'intervento statale, occorre rispettare i
requisiti  di   legittimita'   costituzionale   della   chiamata   in
sussidiarieta', del tutto inosservati invece nel caso di specie. 
    In  primo   luogo,   l'intervento   legislativo   contestato   e'
sproporzionato e irragionevole rispetto all'obiettivo  dichiarato  di
riorganizzare la rete scolastica. 
    Che il rispetto delle attribuzioni regionali sia un  fattore  che
ostacola tale finalita' e' indimostrato e privo di seri  elementi  di
valutazione in merito. Dagli atti parlamentari non risulta la ragione
di  questa  significativa   modifica,   invasiva   delle   competenze
costituzionali delle regioni. 
    Inoltre, come gia' accennato, lo statuto giuridico della chiamata
in  sussidiarieta'  richiede  che  sia  raggiunta  un'intesa  con  le
regioni: sussidiarieta' e adeguatezza non possono  dunque  venire  di
per  se'  poste  a  fondamento  dell'intervento  statale,  ma  devono
concretizzarsi  in  un  procedimento  che  assicuri  quanto  meno  la
«possibilita'» di una vera e propria attivita' concertativa tra Stato
e regioni. 
    In  merito  la   giurisprudenza   costituzionale   ha   rilevato:
«allorche'  sia  ravvisabile  un'esigenza  di  esercizio  unitario  a
livello statale di determinate funzioni amministrative, lo  Stato  e'
abilitato, oltre  che  ad  accentrare  siffatto  esercizio  ai  sensi
dell'art. 118 della Costituzione, anche a disciplinarlo per legge,  e
cio' anche  quando  quelle  stesse  funzioni  siano  riconducibili  a
materie di legislazione concorrente  o  residuale.  In  tal  caso,  i
principi di sussidiarieta' e di adeguatezza, in forza  dei  quali  si
verifica l'ascesa della funzione normativa, dal livello  regionale  a
quello statale,  convivono  con  il  normale  riparto  di  competenze
delineato dal titolo V della Costituzione e possono giustificarne una
deroga (ex plurimis, sentenze 71.374 e n. 88 del  2007;  n.  303  del
2003). 
    Sempre alla  stregua  della  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, tuttavia, affinche' detta deroga possa ritenersi legittima  e'
necessario - stante la rilevanza dei valori in gioco - per un  verso,
che la valutazione dell'interesse unitario sottostante all'assunzione
di funzioni regionali  da  parte  dello  Stato  sia  proporzionata  e
rispondente a ragionevolezza alla stregua di uno  scrutinio  stretto;
per altro verso, che siano previste adeguate forme di  coinvolgimento
delle regioni interessate nello svolgimento delle  funzioni  allocate
in capo agli organi centrali, in  modo  da  contemperare  le  ragioni
dell'esercizio unitario  di  date  competenze  e  la  garanzia  delle
funzioni  costituzionalmente  attribuite  alle  regioni  stesse   (ex
plurimis, sentenze n. 179 e n. 163 del 2012, n. 232 del  2011).  Piu'
in particolare, la legislazione statale di questo tipo «puo' aspirare
a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in  presenza
di una disciplina che prefiguri un iter in  cui  assumano  il  dovuto
risalto le attivita' concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al  principio
di lealta'» (sentenze n. 278 del 2010, n. 383 del 2005, n. 6 del 2004
e n. 303 del 2003) (sentenza n. 261/2015 e, da ultimo, sentenza n.  6
del 2023). 
    Tali principi non sono rispettati  dalle  impugnate  disposizioni
che, come rilevato al precedente punto 2c), superano  unilateralmente
l'eventuale mancato accordo tra Stato e regioni, con una sostituzione
secca dell'amministrazione statale a quella regionale. 
    La denunciata incostituzionalita' trova conferma nel fatto che le
norme in esame non esprimono  esigenze  di  carattere  unitario  alla
stregua dei valori  da  tutelare  e  non  riguardano  norme  generali
sull'istruzione, ne' principi generali della materia; non  contengono
«le  indicazioni  delle  finalita'»   della   scuola;   non   pongono
«condizioni  minime  di  uniformita'  in  materia  scolastica»,   ne'
esprimono  essenziali  interventi  volti  a  garantire  l'uguaglianza
sostanziale nell'accesso e nella fruizione della cultura, da  doversi
applicare indistintamente su tutto il territorio nazionale (come,  ad
esempio, la tipologia  e  la  durata  dei  corsi  di  istruzione,  le
modalita' di passaggio tra i diversi ordini di scuola, la valutazione
degli apprendimenti,  il  riconoscimento  dei  titoli  di  studio,  i
criteri di selezione e di reclutamento del personale). 
    6) Ulteriore illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 557
della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nella parte in cui introduce  i
commi 5-quater, e 5-quinquies nell'art. 19 del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, per violazione degli articoli  117,  sesto  comma  della
Costituzione. 
    I  commi  5-quater  e   5-quinquies   introdotti   dall'impugnata
disposizione prevedono che la ripartizione del contingente scolastico
sia effettuata con «decreto» senza specificare  se  tale  atto  abbia
natura regolamentare o meno. Cio' determina la  violazione  dell'art.
117, sesto comma della Costituzione, perche' si consente  allo  Stato
l'esercizio di un potere regolamentare in materie diverse  da  quelle
attribuite alla sua potesta' legislativa esclusiva. 
    Ne' puo' replicarsi che il decreto in esame  non  avrebbe  natura
regolamentare, dal momento che il medesimo e' destinato  a  contenere
criteri e ripartizione del personale  e  pertanto,  indipendentemente
dal  nome,   costituisce   illegittimo   esercizio   della   potesta'
regolamentare, eludendo la disposizione costituzionale che regola  la
distribuzione di tale potere. 
    Il  riparto  stabilito  dall'art.   117,   sesto   comma,   della
Costituzione costituisce la traduzione in  norma  costituzionale  del
principio  -  gia'  enunciato  dalla   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale  nella  vigenza  del   precedente   titolo   V   della
Costituzione - secondo il quale nessun tipo  di  regolamento  statale
sarebbe legittimato a disciplinare materie  di  competenza  regionale
(sentenze n. 376 del 2002, n. 507 del 2000, n. 408 del 1998,  n.  333
del 1995 e n. 465 del 1991). 
    7) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  558  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, per violazione  degli  articoli  117,
terzo comma, 118, primo comma e 119 della Costituzione. 
    Il comma 558 stabilisce la destinazione e l'utilizzo dei risparmi
derivanti dall'applicazione del comma 557. 
    La disposizione pretermette le regioni dalle  scelte  riguardanti
l'utilizzo  del  fondo  ivi  previsto,  con   grave   lesione   delle
attribuzioni regionali; inoltre non e' previsto che  il  decreto  del
Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, con il quale si  provvede  al  riparto
delle risorse esistenti nel fondo istituito dal medesimo  comma  558,
sia adottato previa intesa  acquisita  nella  sede  della  Conferenza
unificata. 
    Cio' determina la violazione degli  articoli  117,  terzo  comma,
118, primo comma e 119 della Costituzione, nonche' del  principio  di
leale collaborazione. in quanto non e' consentito alla legge  statale
istituire fondi con vincolo di destinazione riconducibili  a  materie
di competenza regionale (quale  e'  l'«istruzione»),  salvo  che  non
preveda,  in  ossequio  al  c.d.  «paradigma   della   sussidiarieta'
legislativa»,  l'intesa  nella  piu'  appropriata  sede   individuata
all'interno del «sistema  delle  Conferenze»  ai  fini  delle  scelte
concernenti il trasferimento delle risorse.